Il 23 Febbraio la Commissione Europea ha pubblicato la tanto attesa proposta per una direttiva sulla Corporate Due Diligence. Adesso spetta al Parlamento Europeo e al Consiglio dell’Unione Europea analizzare la proposta, modificarla e approvarla (o rigettarla). Nel frattempo, già diversi sono i commenti e le opinioni delle organizzazioni della società civile. La proposta è all’altezza delle aspettative? Si può e/o si deve fare meglio?
Cosa si chiedeva e tutt'ora si chiede
Abbiamo già parlato della necessità di una direttiva comunitaria relativa alla Corporate Due Diligence e dei motivi di questa necessità. Il grave problema delle violazioni dei diritti umani per tutta la catena di produzione a livello internazionale è ormai conosciuto da tutti.
Durante la stesura della proposta, in molti hanno cercato di farsi sentire per spingere verso una direttiva il più incisiva possibile. Si è chiesto e tutt’ora si chiede, tra altre cose:
che vengano imposti alle imprese degli obblighi severi di diligenza – quindi monitoraggio, identificazione, prevenzione, mitigazione e risarcimento – e di trasparenza;
che lo scopo della direttiva sia il più ampio possibile e che si rivolga quindi a tutte le imprese, anche non UE, sia grandi che di piccole e medie dimensioni, poiché neanche quest’ultime sono esenti dal violare i diritti umani.
che sia presa in considerazione e che gli obblighi di vigilanza siano imposti per l’intera catena di produzione fino all’inizio di essa, ossia fino ai piccoli produttori;
che vengano considerati come diritti umani salario e reddito dignitosi.
Cosa ha proposto la Commissione
Di seguito alcuni punti importanti della proposta della Commissione (che prevede inoltre anche una due diligence ambientale):
alle imprese è chiesto di identificare gli impatti negativi reali o potenziali, prevenirli e mitigarli, farli cessare e ridurne al minimo la portata; istituire e mantenere una procedura di reclamo; controllare l'efficacia delle loro misure di dovuta diligenza; pubblicare informazioni sulla dovuta diligenza adottata.
gli obblighi si applichino solo alle grandi imprese (con fatturato maggiore di 150 milioni e più di 500 dipendenti, e per i settori c.d. a rischio – agricoltura, tessile/ abbigliamento e estrattivo – alle imprese con un fatturato maggiore di 40 milioni e più di 250 dipendenti). In questo modo viene escluso il 99% delle imprese europee, che sono di piccole e medie dimensioni.
agli stati membri sarà richiesto di individuare l’autorità responsabile di supervisionare il rispetto degli obblighi e avranno la possibilità di prevedere l’imposizione di sanzioni pecuniarie. Sia persone giuridiche che fisiche possono riportare all’autorità competente la violazione degli obblighi, ma a questo si limita il potenziale ruolo dei sindacati (trade unions) che si vorrebbe più incisivo.
eventuali vittime potranno intentare una causa per responsabilità civile di fronte a tribunali nazionali nel caso in cui, con la dovuta diligenza, il danno avrebbe potuto essere identificato e prevenuto o mitigato. Non è prevista invece alcuna responsabilità penale.
E adesso?
Adesso spetterà al Parlamento Europeo e al Consiglio dell’Unione Europea rivedere la proposta, emendarla e approvarla. Nonostante questa iniziativa sia vista come un grandissimo passo verso una sostenibilità d’impresa e un maggior rispetto per i diritti umani (e per l’ambiente), se la proposta venisse approvata così com’è ora, il miglioramento sarebbe molto marginale.
Il fatto che si applicherebbe solo all’1% delle imprese europee è già di per sé motivo di preoccupazione. Inoltre, inserendo determinate clausole nei contratti, le imprese potrebbero scaricare la responsabilità di vigilanza verso i propri fornitori.
C’è poi da aggiungere il fatto che la proposta non prende in considerazione gli ostacoli che si devono affrontare per iniziare una causa contro grandi imprese – tra cui costi elevati, limiti di tempo brevi, onere sproporzionato della prova ecc.
Per concludere: “proporre mezze misure crea il rischio che alcuni paesi più sostenibili scelgano di implementare la regolamentazione più ampia e desiderata […] e altri scelgano di rimanere con l'approccio molto limitato. Questo aumenterà ulteriormente ladivergenza e l'incertezza e, di conseguenza, promuoverà all'interno delle aziende una corsa verso il basso piuttosto che una corsa verso l'alto delle pratiche commerciali sostenibili”.
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