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Contraddizioni ambientali e politiche in un paradiso inquinato



Il cambiamento è possibile?

La Nuova Caledonia è un gruppo di isole nel Mar dei Coralli, noto come paradiso naturale e parte dei territori francesi d'oltremare. Questi arcipelaghi sono infatti sotto il dominio francese dalla metà del XVIII secolo. Tuttavia all’epoca gli esploratori europei non sapevano ancora di aver scoperto uno dei più ricchi giacimenti di nichel al mondo.

Questo metallo sta diventando sempre più cruciale nella creazione di batterie per le auto elettriche, ma è anche la base da cui si ricavano gli acciai inossidabili. Tuttavia, la sua estrazione è un'attività estremamente inquinante, motivo per cui le emissioni di anidride carbonica da queste piccole isole sono molto elevate e in aumento. Inoltre, la Francia non ha incluso la Nuova Caledonia nel calcolo dell'inquinamento nazionale, cioè non è inclusa nel Protocollo di Kyoto.


La doppia dipendenza politica ed economica dal nichel

Oggi l'economia della Nuova Caledonia ruota attorno alle principali miniere del territorio; i dati mostrano che le isole contengono circa il 30% delle riserve mondiali di nichel e nel 2020 questa regione era il sesto produttore mondiale. Inoltre, più del 20% della popolazione lavora direttamente o indirettamente nel settore industriale legato all'estrazione e alla raffinazione di questo minerale, che rappresenta addirittura il 90% delle esportazioni del Paese.

Oggi la Società nazionale del Nichel, una filiale della multinazionale francese Eramet, possiede la maggior parte dei depositi minerari, ma c'è anche l'influenza di altre società straniere che sfruttano il territorio. Da un lato, è vero che da alcuni anni gli abitanti della Nuova Caledonia stanno lottando per ottenere una maggiore indipendenza economica dall'estrazione del nichel. Questa impotenza ha risvegliato i collettivi Kanak (popolazione indigena della Nuova Caledonia) che chiedono al governo francese una risposta che favorisca la nazionalizzazione della produzione di nichel. Dal 2019, gli indipendentisti hanno iniziato una protesta contro la vendita dell'impianto nel sud di Grande Terre, perché il processo dell'azienda brasiliana Vale non considera le aspirazioni delle popolazioni locali.

Tuttavia, dall'altra parte, la questione della dipendenza politica è passata in secondo piano. Dopo i risultati dell'ultimo referendum è ormai chiaro che i lealisti hanno vinto nettamente anche se solo il 44% della popolazione è andato a votare. Sembra che gli indipendentisti siano più preoccupati di smantellare il potere aziendale che di ottenere l'indipendenza dalla Francia.


I problemi ambientali

Il punto chiave che lega l'intera popolazione degli arcipelaghi è l'ambiente. Negli ultimi anni, con l'aumento della produzione di nichel, l'inquinamento è raddoppiato: nel 2020, le emissioni di CO2 pro capite erano di 20,27 tonnellate, mentre nel 2017, nella Francia continentale, erano di 5,3 tonnellate pro capite. Va notato che l'84% di tutti i gas serra emessi in Nuova Caledonia proviene dall'industria mineraria e dal settore dei trasporti, ma quando si tratta di passare alle energie rinnovabili l'attenzione è rivolta solo al settore terziario del Paese. È chiaro che le aziende non sono riuscite a gestire un vero processo di decarbonizzazione nel settore industriale, ma anche che le istituzioni francesi hanno sottovalutato i problemi ambientali della Nuova Caledonia. Un esempio correlato è che le società minerarie sono esenti dalla carbon tax e possono anche fissare i propri obiettivi di emissione di gas.

Inoltre, l'estrazione del nichel ha avuto un chiaro impatto sulla biodiversità e sul territorio delle isole. Le testimonianze sottolineano la perdita di specie animali, il cambiamento della flora autoctona e unica, ma anche l'aumento di inondazioni e frane che rappresentano un pericolo per gli stessi abitanti della Nuova Caledonia. Vista la situazione, gli abitanti hanno iniziato la loro lotta per salvaguardare il territorio occupando le miniere, interrompendo il trasporto del minerale e chiedendo soluzioni istituzionali efficaci per proteggere questa biodiversità unica.


Conclusione

L'impegno dei caledoniani è ammirevole, ma la loro doppia dipendenza rende necessario l'intervento del governo francese e una maggiore sensibilità da parte delle multinazionali. Si spera che il progetto di referendum, previsto entro il giugno 2023, produca un piano efficace per una nuova organizzazione politica ed economica degli arcipelaghi che tenga conto anche dell'importanza di un processo verso una produzione sostenibile nel settore industriale del Paese.



Per ulteriori approfondimenti sulla Nuova Caledonia:


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