Nel 2000 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, conscia del crescente numero di migranti presenti nel mondo e dell’urgenza di proteggere i loro diritti fondamentali, proclama il 18 dicembre Giornata internazionale per i diritti dei migranti.
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Ma perché proprio il 18 dicembre?
Ce lo spiega più nel dettaglio UNICEF, portando alla nostra attenzione la notizia di una tragedia: nel 1972, sotto il tunnel del Monte Bianco, ha luogo un incidente che coinvolge un camion pieno non solo di macchine da cucire, ma anche di 28 lavoratori originari del Mali. Nascosti nel camion, perdono tragicamente la vita viaggiando dalla Francia alla ricerca di un lavoro e di una vita migliore.
In seguito alla tragedia, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite tentò di far redigere una Convenzione che potesse adattare le posizioni dei Paesi di provenienza e quelle dei Paesi destinatari dei flussi migratori: la Convenzione internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie nasce il 18 dicembre 1990 ed entra in vigore nel 2003, grazie all’impulso proveniente dal gruppo MESCA (Finlandia, Grecia, Italia, Norvegia, Portogallo, Spagna e Svezia) e alla ratifica del Guatemala che consente di raggiungere il numero minimo (20) di ratifiche previsto.
L’importanza della Convenzione e il problema delle ratifiche
La Convenzione rappresentava e rappresenta tutt’oggi il trattato internazionale più completo nel campo della migrazione e dei diritti umani: l’esigenza che cerca di soddisfare è quella di dover garantire e assicurare dignità ed uguaglianza, visto e considerato “che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani mostra che tutti gli esseri umani sono nati liberi e uguali nella dignità e nei diritti, e che tutti possono avvalersi di tutti i diritti e le libertà ivi enunciati” (https://undocs.org/en/A/RES/55/93). Inoltre, il 14 e il 15 settembre del 2006, i 132 Stati membri partecipanti al “Dialogo sulla Migrazione Internazionale e lo Sviluppo” dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite hanno tentato di riportare a galla dei messaggi chiave: anzitutto, la migrazione internazionale è un fenomeno in crescita e può dare il suo contributo positivo allo sviluppo nei paesi di origine e di destinazione, a condizione che sia sostenuta dalle politiche giuste; successivamente, è stato ribadito che il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali di tutti i migranti è essenziale per trarre i benefici della migrazione internazionale; infine, è stata riconosciuta l’importanza di rafforzare la cooperazione internazionale in materia di migrazione internazionale su più livelli.
La necessità di ribadire certi concetti a distanza di soli tre anni dall’entrata in vigore della Convenzione ci porta ad affrontare il problema che la accompagna sin dalla sua nascita: la mancanza di ratifiche. Infatti, sebbene il Dialogo del 2006 sia servito da catalizzatore per generare una considerevole attività in questo settore e nonostante sia stata registrata un’intensa attività dei paesi interessati alla Convenzione, della società civile e delle Nazioni Unite, oggi la Convenzione conta solo 51 ratifiche (sono esenti i paesi a forte immigrazione dell’Europa occidentale, del Nordamerica e altri). La portata innovativa della Convenzione è forse anche il motivo principale della sua mancata ratifica, o forse si tratta maggiormente degli obblighi verso le Nazioni Unite che la ratifica comporterebbe per uno Stato; in primis, infatti, vi è l’obbligo di presentare ogni cinque anni un report sulla situazione specifica nel Paese.
La situazione odierna: questione migrazione e Covid-19
Avendo analizzato la Convenzione, base nozionistica di questa Giornata internazionale, si rivela necessario ribadire la sua importanza prendendo in considerazione dati, informazioni e analisi attuali sulla migrazione umana e sui problemi migratori emergenti. Secondo il World Migration Report 2022 (https://publications.iom.int/books/world-migration-report-2022), redatto dall’IOM con cadenza biennale, “sono successe così tante cose in materia di migrazione e mobilità negli ultimi due anni’’ e ci vuole perciò “mostrare come le tendenze a lungo termine siano state alterate dal Covid-19 e come siano stati colpiti i migranti in tutto il mondo” (Marie McAuliffe, redattrice del Report).
Dalle principali tendenze migratorie degli ultimi due anni, infatti, emergono dati allarmanti e contraddittori: “stiamo assistendo a un paradosso mai visto prima nella storia umana. Mentre miliardi di persone sono state effettivamente bloccate dal Covid-19, decine di milioni di altre sono state sfollate all’interno dei propri Paesi” (António Vitorino, direttore generale dell’IOM). Nel 2020, a livello globale, il numero di passeggeri sugli aerei è sceso del 60% fino a 1,8 miliardi (dai 4,5 miliardi nel 2019) mentre allo stesso tempo lo sfollamento interno dovuto a disastri, conflitti e violenze è salito a 40,5 milioni (dai 31,5 milioni nel 2019).
Questi dati indicano quanto il tema dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie sia da considerare come merita in un mondo caratterizzato da sfide globali sempre più urgenti e tangibili. Se da un lato la pandemia di Covid-19 ha ridotto drasticamente la mobilità, dall’altro i dati sullo sfollamento interno sono chiari: il fenomeno migratorio è tutt’altro che in declino e lo scenario più probabile è che si intensificherà sempre di più nel periodo post-pandemico.
Approfondimenti
https://www.culturalsurvival.org/publications/cultural-survival-quarterly/convention-protection-rights-all-migrant-workers-and-their https://undocs.org/en/A/RES/55/93
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